Dov'e' la verita'?
http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Tempo%20libero%20e%20Cultura/2010/01/web-il_futuro_della_rete.shtml?uuid=8df245d6-fd7b-11de-8c90-4a248985d8b2&DocRulesView=Libero
Per parlarne, tuttavia, necessita qualche passo indietro e spiegare per benino, prima di tutto, perche' questo intervento ha il titolo che ha.
"Dov'e' la verita'" e' il titolo italiano di un vecchio -e bellissimo- episodio di X-Files, dal titolo originale "Jose' Chung's 'from outer space'".
Dal vecchio sito di una compagna di studi appassionata della serie, so che il titolo inglese nasconde una storiella divertente. Lo staff che produceva la serie si divertiva, di tanto in tanto, a fare scherzi telefonici alla propria casa madre, in cui un ipotetico autore di fantascienza chiamato, appunto, Jose' Chung, proponeva con insolente insistenza una propria sceneggiatura per un episodio. Quando un episodio fu realizzato proprio con quel titolo, e il fantomatico Jose' Chung vi apparve come personaggio (ottimamente interpretato) nelle vesti di un autore di fantascienza, lo scopo era proprio quello di costringere a grattarsi in testa chi, in precedenza e nel mondo reale, aveva ripetutamente "filtrato" le richieste del pestifero individuo.
"From outer space" (Dallo Spazio) e' il titolo di un libro per il quale l'autore, nella fiction americana, sta facendo delle ricerche, ma "from outer space" e' anche un modo degli Americani per intendere "dal nulla", cioe' per indicare qualcosa o qualcuno che appare senza preavviso. Per le caratteristiche della lingua inglese, una volta pronunciato a voce, il titolo dell'intero episodio ("Dallo spazio" di Jose' Chung), quindi, si puo' leggere anche come "Jose' Chung capita all'improvviso" ed e' solo il tono di voce di chi parla a far capire se ci sono in ballo delle virgolette.
L'episodio, poi, narra uno dei misteriosi casi capitati in mano ai due agenti dell'FBI, raccontato di volta in volta in modo sempre piu' diverso da soggetti diversi; a volte con discrepanze abnormi nelle testimonianze raccolte dall'autore del libro, presentatosi da Dana Scully per sentire la "sua" versione dei fatti. La recitazione degli attori ha fatto il resto, offrendo un quadro della situazione a volte oscuro, a volte da ridere a crepapelle.
L'ironia della storia mostrata fu tale che, gestendo a casa un numero elevato di computer, per lo piu' vecchiotti, che utilizzo per ricerca (studium) e svago (otium), e dovendo per forza usare dei nomi per distinguerli, in un impeto di umorismo ne battezzai uno proprio Jose' Chung, eccezione ad una regola per la quale non uso quasi mai nomi di persona. Si guasto' definitivamente in poco tempo e mi sta, percio', tornando la voglia di riutilizzare il nome per una delle prossime unita' che mi capiteranno in mano.
Divagazioni a parte, quell'episodio di "X-Files" e' costruito in modo tale da porre in modo intelligente e divertente uno dei problemi piu' importanti della vita, cioe' quello della verita'. Il concetto in se' e' stato sezionato e utilizzato con chirurgica precisione un po' da tutti: filosofi, matematici, scienziati, agenti di polizia, investigatori privati, militari, giornalisti, medici, tecnici, insegnanti, studenti, genitori, giocatori di poker, perfino guardoni, e chi piu' ne ha piu' ne metta. Molte delle categorie sopra indicate devono, quotidianamente, concordare su una massima che Robert S. McNamara, in una delle sue esperienze adattate in forma di documentario, espresse cosi': "Vedere e credere possono entrambi essere in errore".
Perche'?
E' abbastanza facile rispondere. Il "vedere", cioe' la percezione, cioe' l'informazione, di qualunque tipo sia, puo' essere incompleta e, quindi, cio' ammette che possa essere anche fuorviante, quando addirittura non costruita appositamente (inganni e menzogne, insomma).
Il "credere" dipende dall'individuo stesso che cerca una verita' e, per farlo, si appoggia tanto sulle informazioni raccolte, quanto su un modello della realta', basato sull'esperienza, che lo guida nel prendere decisioni, inclusa quella se considerare affidabili o meno certe informazioni. Quanto piu' esse sono "verosimili", cioe' aderenti a quel modello, cioe' alla realta' vissuta e accettata, quanto piu' e' facile vengano accettate anch'esse come attendibili.
Qui tocca divagare di nuovo e tornare a tanti anni fa, cioe' ad una vecchia iniziativa di Radio Radicale, la quale nei primi anni Novanta, in una Prima Repubblica gia' in forte crisi, attivo' un numero telefonico con una segreteria sempre in funzione per raccogliere messaggi dal pubblico. Tali messaggi venivano, successivamente, ritrasmessi per radio. L'esperimento intendeva, nelle piu' sacre convinzioni della democrazia espresse nell'articolo 21 comma 1 e 2 della Costituzione, dare al popolo un potere di comunicazione che non aveva mai avuto e che, fino a quel momento, era prerogativa del Presidente della Repubblica: parlare a tutta la nazione e farlo in grande stile, attraverso un mass-media (la radio, appunto). Il torrenziale e scoraggiante fiotto di volgarita', violenza verbale e mancanza di ragionamento che ne scaturi' fu il risultato piu' efficace, tale da oscurare ogni timido tentativo di un diverso uso di uno strumento tanto prezioso.
Oggi c'e' Internet, dove non e' piu' l'Italia in quanto tale ma il mondo intero ad adottare un analogo comportamento. Ne va di mezzo, naturalmente, tra le altre, anche la verita'. Riotta, prendendo a pretesto l'ipse dixit di un pioniere della ricerca oggi scontento, si interroga sul futuro (o, in maniera disillusa, sul presente). Chi naviga risponde; ed infatti ho letto molti interventi, anche molto intelligenti, in risposta al suo articolo. Questo dovrebbe essere rassicurante: forse c'e' speranza per il mondo, di cui anch'io a volte mi preoccupo. A volte condivido le mie preoccupazioni su questo e altri blog del medesimo sito, perche' questo e' il mio potere, e quindi desidero esercitarlo.
Rilanciando di uno, non riesco a evitare di domandarmi: e' davvero la verita' il problema? Me lo domando semplicemente perche' ho vissuto -e quindi ricordo piuttosto bene- i primi anni della mia vita in un mondo di TV in bianco e nero con una RAI nella quale il dibattito politico era -con buona pace di tutti, perche' tutti lo sapevano- uno squallido gioco di clientele, comunque controllato in ambito governativo: roba da Cortina di Ferro, insomma, ma dall'altra parte. Non che il mercato sia tanto meglio, ma personalmente preferisco ancora una voce in piu', cioe' una dialettica che coinvolga il maggior numero possibile di soggetti. Alla verita' preferisco quindi, per forza, il concetto di opinione, poiche' se bisogna (e spesso tocca proprio) rinunciare ad un concetto religioso di Verita' Assoluta che ha fatto troppo spesso la fortuna di partiti politici, giornali e sindacati, allora per forza di cose finiro' per scoprire che su un argomento c'e' chi dice qualcosa e chi il suo contrario. Sta a me come individuo (si', ce ne sono ancora) scegliere se mettermi il paraocchi e ascoltare soltanto chi la pensa come me oppure no, e quando, e dove, e come. Riotta e' forse preoccupato perche' vorrebbe parlare a tutti e non sempre ci riesce? Abbia pazienza. Anche i miei interventi su queste paginette, a volte di stampo giornalistico poiche' e' questa la qualita' a cui a volte ambisco, hanno una diffusione limitata, perche' non sono famoso, perche' il sito non e' famoso, e cosi' via.
Allora, i problemi veri dove stanno? A costo di riassumere il succo di vari interventi precedenti su questo e sugli altri blog dove scrivo, provo a sintetizzare qui le mie opinioni.
- L'ESCLUSIVA PERDUTA - I professionisti dell'informazione non ne hanno piu' il monopolio, com'era invece una volta. E cosi' i professionisti della musica, e cosi' i professionisti della letteratura e di un'infinita' di altre materie che, grazie alle tecnologie degli ultimi trent'anni (e, non dimentichiamolo, ad un benessere ben piu' diffuso che in ogni altra epoca), sono diventate dominio del singolo cittadino, purche' dotato di volonta' sufficiente. E' un problema? Per i suddetti professionisti, certamente, vedersi il settore invaso da orde di scalzacani (e da qualcuno anche bravo) non e' piacevole. Si puo' tornare indietro? La mia risposta e': ormai non e' attuabile, inoltre non e' nemmeno desiderabile. Internet esiste, punto. Il solo appunto che le si puo' muovere e' che non sia, specialmente in Italia, diffusa quanto servirebbe. Scrivo questo intervento dopo aver regalato ad un amico, trovatosi in difficolta' per un guasto, il mio vecchio modem 56k. Lui si collega ancora con una tradizionale linea analogica perche' non ha alcuna scelta. Io non piu', ma per quanti anni ho dovuto mordere il freno non ve lo racconto proprio. Rimane il fatto che la censura su Internet esiste, ed ad attuarla sono nazioni che pochi si azzardano a definire democratiche. Speriamo che la democrazia approdi anche da loro, punto e basta: allora avremo realizzato un mondo davvero unito. Da informatico, mi permetto solo di far notare che il mio settore e' nato e cresciuto in una deregulation che fa impallidire quella del settore televisivo, con il risultato di realizzare infrastrutture virtuali nate gia' pericolanti per il desiderio del dettaglio in piu', per urgenze arbitrarie o per semplice volonta' di chi puo' di chiedere troppo (a volte anche gratis). Il sito www.punto-informatico.it raccoglie, tra le altre notizie, anche i ricorrenti sfoghi dei tanti di noi che non ce la fanno piu', e le esperienze rassicuranti dell'estero che, per fortuna, e' ancora un'altra cosa. Come per la ricerca. Come per la cultura. Come, insomma, per quelle discipline che hanno fatto e potrebbero e dovrebbero ancora fare migliore il nostro Paese. Fine della parentesi.
- L'IGNORANZA DI POCHI - La tecnica risolve tutto, forse. Ma e' una buona idea che lo faccia? Il caso piu' grosso e famoso e', forse, la famosa Posta Elettronica Certificata, autentico orrore con il quale si vorrebbero totalmente rimpiazzare le Raccomandate A.R. dando validita' "materiale" a informazioni di natura differente. Nessuno si e' scomodato a sentire l'opinione dei tecnici: una definizione gentile che ho sentito e' stata quella di "italianata", non e' mia e la condivido. Motivo? Internet nasce dal basso, non dall'alto. Se un protocollo di comunicazione, un software, un hardware, uno strumento qualsiasi e' valido, lo usiamo. Se non lo e' o diventa obsoleto, cade semplicemente in disuso (chi si ricorda piu' UUCP oppure il Gopher?). Soprattutto, noi, gli utenti della rete, non accettiamo facilmente le imposizioni di soggetti centrali, si tratti di imprese, consorzi di imprese, Stati Sovrani o unioni dei medesimi. Se tali soggetti davvero vogliono aver paura, allora e' molto meglio che abbiano paura di noi e basta.
- LA VIOLENZA DI MOLTI - Questo E' un problema, ma siamo sicuri che il problema della violenza, verbale e non, sia Internet? La risposta e' che si tratta solo di un altro caso di impunita' delle folle (la stessa vista anche al G8 di Genova, assieme agli altri gravi problemi di quell'evento). E' un problema che si trascina da sempre, chiunque abbia letto l'assalto ai forni nei "Promessi sposi" del Manzoni lo sa. Qualcuno confonde questo problema con quello precedente e/o quello prima. No, sono problemi distinti: chi e' in una qualsiasi posizione di autorita' e li presenta come uniti, mente (e in malafede, perche' una certa posizione presuppone una certa intelligenza). Allora, la violenza, come la si risolve? Secondo me un certo tipo di attitudine alla violenza e' una malattia mentale che va curata con sana educazione e abitudine all'impegno (e alla raccolta dei frutti di tale impegno, che e' atto di massima soddisfazione, piu' che fare a pezzi qualcuno a parole o nei fatti). Si puo' fare? Come? Accetto di buon grado suggerimenti.
- IL BUON GUSTO - Ecco, questo e' opinabile, poiche' non a tutti piacciono le stesse cose. Per esempio: se volessi demolire il mio stesso intervento, questo che sto scrivendo, darei all'autore del demagogo, direi che pontifica (non uso il termine qualunquista perche' ne ho visto fare troppo abuso). In effetti e' assolutamente cosi': sto pontificando, come in qualsiasi editoriale o articolo di costume che si rispetti. E' una questione di forma, non di sostanza. Certo, anche a me piacerebbe smettere di scoprire che Internet e' un "luogo" in cui le scoreggie prendono fuoco (di proposito); esattamente come mi piacerebbe molto vedere "Le Scienze" fare una tiratura piu' alta della "Gazzetta dello Sport". Sono un bacchettone, lo sto diventando? Puo' essere. Il problema e' Internet? Assolutamente no. Volendo fare un'opera (ai miei occhi, ovvio) pia, Gianni Riotta potrebbe difendere molto meglio la qualita' dell'informazione dei professionisti. Ad esempio tuonando, come ho gia' fatto io da questo "buco" della rete, contro la presenza (per giunta quotidiana) di novita' sul Grande Fratello nei telegiornali dei canali Mediaset.
Chiudendo il cerchio, cioe' tornando alla scintilla iniziale che ha dato inizio ad un lungo ragionamento sulla decadenza della rete Internet, faccio presente che non si tratta di un meccanismo misterioso. Siamo soltanto nel mezzo tra le fasi 3 e 4, secondo un modello da me gia' pubblicato in precedenza su questi stessi blog.
(Versione gentile) - (Versione cattiva)